Viaggio Vintage
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Viaggio Vintage
Ciao a tutti
Nonostante l’esiguita’ dei miei contributi al Forum, ho continuato a seguirvi dall’estero dove ho risieduto per lavoro negli anni passati.
La lontananza ha anche limitato l’uso della moto, con la quale ho percorso poco piu’ di 1.000 km in sei anni.
Nonostante le mie buone intenzioni di venire ad almeno un Cereglio facendo coincidere le mie vacanze in Italia con l’appuntamento, l’unico incontro al quale ho partecipato rimane il Primo Fouroman del 2010 a Piazza Euclide, subito dopo aver comprato la moto.
Mi distinguevo per essere vestito da velista in un incontro di motociclisti...
Ma oggi alla luce della mia nuova condizione di disoccupato… tra i pochi vantaggi c’e’ quello di potermi finalmente godere la moto.
Cosi’, avendo trasferito la mia residenza a Genova per motivi familiari, ho deciso di portarmi la moto per farle passare almeno un’estate ligure… poi vedremo.
E venerdi scorso ho intrapreso il Viaggio Vintage da Roma a Genova.
La moto e’ Vintage, io pure (nel migliore dei casi), e per interpretare al meglio lo spirito di questo viaggio, ho tirato fuori dai cimeli di casa, lo Zaino militare dello zio alpinista morto nel crepaccio. Ebbene si, il cugino di mio padre, ingegnere ancora giovane e di belle speranze, praticava l’alpinismo con prestazioni brillanti ... ma evidentemente perfettibili. A testimonianza della sua avventurosa ma breve vita, ci giunsero in eredita’ lo zaino, appunto, ed una tenda della Campagna d'Africa che ho gia’ utilizzato in altre imprese, un po’ meno rischiose di quelle dello zio.
Tornando a noi, il Viaggio Vintage ha avuto inizio venerdi mattina, ma come come ogni Viaggio Vintage ha incontrato qualche imprevisto.
Alle 7,30 sono partito da Roma dopo aver montato per la prima volta il portapacchi ed il bauletto, ricevuti anni fa dal vecchio proprietario all’acquisto della moto, ma mai utilizzati in precedenza.
Dopo aver stipato nel bauletto tutto quello che nello zaino non ci stava, ed aver sfruttato anche la retina portaoggetti per tenere due ulteriori borse, ho preso la via di Genova.
Decido che per essere piu’ vintage, il percorso dovra’ svolgersi su strade statali e quindi mi immetto sull’Aurelia.
Attraverso Civitavecchia e all’uscita dal paese mi ferma una pattuglia della polizia stradale forse insospettita dal look vagamente retro’ dell’insieme: un’Honda 500 del 74, guidata da uno con la barba lunga e lo zaino militare da alpinista.
“favorisca la patente, i documenti della moto ed il certificato assicurativo” mi dice il Capopattuglia con tono perentorio.
Tiro fuori tutto e lui, guardando la patente prima di passarla al collega in macchina mi chiede: “Lei e’ residente a Genova?!”
“si”
“e come mai e’ qui a Civitavecchia?”
“sono uscito a comprar le sigarette” – vorrei rispondere, ma mi limito ad un sottomesso “sono stato a Roma e ora torno a casa”
“lei ha il porto d’armi!!” esclama inquisitore l’agente in macchina impegnato nel controllo dei documenti risvegliando l’attenzione del terzo collega che fino a quel momento era piu’ interessato alla moto che ad altro.
“ehm… si” bofonchio, sorpreso dalla inattesa domanda e dall’efficienza informativa delle forze dell’ordine.
“ha armi con se’?”
“no, no, ho il porto d’armi perche’ le ho ereditate da mio padre e mi sono voluto mettere in regola. Sono a casa tutte denunciate” dichiaro con tono da condannato in attesa di giudizio.
“non e’ che vai a spara’ ai cartelli stradali?!!” sdrammatizza il terzo agente.
“che lavoro fa?” riprende il Capopattuglia.
“ehm, disoccupato, purtroppo”
A quel punto, dopo aver verbalizzato mentalmente la dolorosa testimonianza, decidono evidentemente che il minaccioso sovversivo retro’ che hanno davanti e’ solo un bisognoso ancorche’ motorizzato ed abile al tiro e mi lasciano andare.
Proseguo il viaggio e intorno a Grosseto faccio benzina appurando che con un pieno, esclusa la riserva e ad una velocita’ di 90/100 all’ora faccio circa 200km. Appuro anche che le due ore di guida tra un pieno e l’altro sono il massimo che le mie terga possono sopportare.
Quindi riparto programmando la prossima sosta a 400km circa da Roma.
Mentre proseguo sull’Aurelia, ad un certo punto sento un improvviso rumore.
Ma non meccanico. Piu’ simile al rombo di una moto smarmittata che si avvicina ad alta velocita’, della quale ti accorgi solo quando ti e’ accanto e che nel momento in cui realizzi di cosa si tratta si e’ gia’ trasformata in un punto lontano.
Ma il rumore continua e non passa nessuno, guardo uno specchietto e non vedo niente, guardo l’altro e vedo il mio bauletto addirittura aperto che tenta il sorpasso sulla sinistra.
Tengo a freno l’impeto agonistico e rallento, costringendo anche lui a fare altrettanto, visto che e’ rimasto legato dalla retina portaoggetti al portapacchi della moto.
Facciamo insieme ancora qualche metro ed accostiamo sul bordo dell'Aurelia, in quel tratto senza corsia d'emergenza, tra i Tir che suonano passandoci a pochi centimetri.
Scendo, accosto meglio il bauletto al ciglio della strada, mi levo lo zaino da alpinista e mi accorgo che le due borse tenute dalla rete sono al centro della carreggiata qualche cinquanta metri prima.
Corro indietro e riesco a recuperarle nei brevi intervalli tra macchine e Tir.
Torno alla moto e vedo che le due viti che assicuravano il bauletto al portapacchi si sono evidentemente sfilate a causa delle vibrazioni.
Poi osservo il bauletto che mi guarda ancora aperto dal ciglio della strada … come un pac-man con la bocca ancora piena e realizzo la cosa piu’ importante: il suo contenuto e’ miracolosamente al suo posto ed illeso.
Miracolosamente non e’ un termine esagerato, considerando che ha percorso, aperto, metri di asfalto senza diperdere nulla dei miei poveri averi.
E’ ancora tutto li’: il computer, i documenti, gli attrezzi che mi saranno necessari per ripartire… ma soprattutto … il carico piu’ prezioso.
Una busta bianca con all’interno un altro involucro di carta stagnola sigillata ed un ghiacciolo per preservare la qualita’ del prezioso contenuto.
No, non quello che pensate voi...
Ma … il Guanciale…, quasi introvabile a Genova, indispensabile per la Carbonara.
Nonostante fosse in cima alla pila di documenti, perche’ caricato all’ultimo come il bene piu’ prezioso, era ancora li!!
Avrebbe potuto disperdersi sulla strada ed essere investito dal traffico fino a confondersi con le carogne varie che purtroppo tappezzano l’Aurelia…ma si e’ salvato.
Dopo questa prova che il viaggio, nonostante qualche imprevisto, fosse segnato dalla buona sorte, ho rimontato il bauletto con l’aiuto provvidenziale di fil di ferro, nastro isolante e qualche pezzo di recupero ed ho ripreso la strada pur aumentando la cadenza delle soste per controllare che l’accrocco reggesse.
Ho continuato il viaggio rivolgendo pensieri di gratitudine allo zio alpinista ed ai familiari gia’ trapassati (la maggior parte ormai) che evidentemente da lassu’ mi seguivano numerosi per farmi arrivare incolume a destinazione.
Mentre guido, realizzo anche che nel corso dei miei viaggi, forzatamente vintage visto il parco motoristico di cui dispongo, non e’ la prima volta che parti dei miei mezzi tentano di superarmi.
E’ gia’ successo con il Maggiolone la cui ruota anteriore sinistra mi ha superato tanti anni fa sul viadotto di Corso Francia ed ha cercato di ripetere l’audace manovra ad Ottobre scorso quando, spostandoci da Genova a Roma (complice l’imperizia di un meccanico genovese che aveva cambiato il cuscinetto anteriore), e’ stata trattenuta al suo posto dal solo cavo contakilometri a cui devo l’incolumita’ della macchina, mia, di Valentina e dei due gatti visto che tutto cio’ succedeva su un viadotto dell’autostrada ligure tra due gallerie.
Preso da questi pensieri e continuando a rivolgere prece di gratitudine alla schiera di familiari defunti, mi ritrovo all’altezza di Sestri Levante accorgendomi che la moto e’ diventata Kilometricamente maggiorenne: segna i suoi primi 18.000 kilometri in 42 anni di evidentemente comoda ma onorata carriera.
Arrivato a Genova verso le 15.30, trovo Valentina ad attendermi ignara delle vicende che hanno contraddistinto il periglioso viaggio ma pronta ad immortalare il mio epico arrivo.
Parcheggio la moto nel suo nuovo garage, in attesa di qualche gita ligure, questa volta con il bauletto fissato con qualche bullone in piu’ e dadi autobloccanti.
Se qualche fourista genovese ha in programma incontri/raduni o birrette mi faccia sapere. Partecipero’ volentieri.
…ho molto tempo libero.
Saluti a tutti.
Carlo
Ps E soprattutto … il Guanciale e' salvo
Nonostante l’esiguita’ dei miei contributi al Forum, ho continuato a seguirvi dall’estero dove ho risieduto per lavoro negli anni passati.
La lontananza ha anche limitato l’uso della moto, con la quale ho percorso poco piu’ di 1.000 km in sei anni.
Nonostante le mie buone intenzioni di venire ad almeno un Cereglio facendo coincidere le mie vacanze in Italia con l’appuntamento, l’unico incontro al quale ho partecipato rimane il Primo Fouroman del 2010 a Piazza Euclide, subito dopo aver comprato la moto.
Mi distinguevo per essere vestito da velista in un incontro di motociclisti...
Ma oggi alla luce della mia nuova condizione di disoccupato… tra i pochi vantaggi c’e’ quello di potermi finalmente godere la moto.
Cosi’, avendo trasferito la mia residenza a Genova per motivi familiari, ho deciso di portarmi la moto per farle passare almeno un’estate ligure… poi vedremo.
E venerdi scorso ho intrapreso il Viaggio Vintage da Roma a Genova.
La moto e’ Vintage, io pure (nel migliore dei casi), e per interpretare al meglio lo spirito di questo viaggio, ho tirato fuori dai cimeli di casa, lo Zaino militare dello zio alpinista morto nel crepaccio. Ebbene si, il cugino di mio padre, ingegnere ancora giovane e di belle speranze, praticava l’alpinismo con prestazioni brillanti ... ma evidentemente perfettibili. A testimonianza della sua avventurosa ma breve vita, ci giunsero in eredita’ lo zaino, appunto, ed una tenda della Campagna d'Africa che ho gia’ utilizzato in altre imprese, un po’ meno rischiose di quelle dello zio.
Tornando a noi, il Viaggio Vintage ha avuto inizio venerdi mattina, ma come come ogni Viaggio Vintage ha incontrato qualche imprevisto.
Alle 7,30 sono partito da Roma dopo aver montato per la prima volta il portapacchi ed il bauletto, ricevuti anni fa dal vecchio proprietario all’acquisto della moto, ma mai utilizzati in precedenza.
Dopo aver stipato nel bauletto tutto quello che nello zaino non ci stava, ed aver sfruttato anche la retina portaoggetti per tenere due ulteriori borse, ho preso la via di Genova.
Decido che per essere piu’ vintage, il percorso dovra’ svolgersi su strade statali e quindi mi immetto sull’Aurelia.
Attraverso Civitavecchia e all’uscita dal paese mi ferma una pattuglia della polizia stradale forse insospettita dal look vagamente retro’ dell’insieme: un’Honda 500 del 74, guidata da uno con la barba lunga e lo zaino militare da alpinista.
“favorisca la patente, i documenti della moto ed il certificato assicurativo” mi dice il Capopattuglia con tono perentorio.
Tiro fuori tutto e lui, guardando la patente prima di passarla al collega in macchina mi chiede: “Lei e’ residente a Genova?!”
“si”
“e come mai e’ qui a Civitavecchia?”
“sono uscito a comprar le sigarette” – vorrei rispondere, ma mi limito ad un sottomesso “sono stato a Roma e ora torno a casa”
“lei ha il porto d’armi!!” esclama inquisitore l’agente in macchina impegnato nel controllo dei documenti risvegliando l’attenzione del terzo collega che fino a quel momento era piu’ interessato alla moto che ad altro.
“ehm… si” bofonchio, sorpreso dalla inattesa domanda e dall’efficienza informativa delle forze dell’ordine.
“ha armi con se’?”
“no, no, ho il porto d’armi perche’ le ho ereditate da mio padre e mi sono voluto mettere in regola. Sono a casa tutte denunciate” dichiaro con tono da condannato in attesa di giudizio.
“non e’ che vai a spara’ ai cartelli stradali?!!” sdrammatizza il terzo agente.
“che lavoro fa?” riprende il Capopattuglia.
“ehm, disoccupato, purtroppo”
A quel punto, dopo aver verbalizzato mentalmente la dolorosa testimonianza, decidono evidentemente che il minaccioso sovversivo retro’ che hanno davanti e’ solo un bisognoso ancorche’ motorizzato ed abile al tiro e mi lasciano andare.
Proseguo il viaggio e intorno a Grosseto faccio benzina appurando che con un pieno, esclusa la riserva e ad una velocita’ di 90/100 all’ora faccio circa 200km. Appuro anche che le due ore di guida tra un pieno e l’altro sono il massimo che le mie terga possono sopportare.
Quindi riparto programmando la prossima sosta a 400km circa da Roma.
Mentre proseguo sull’Aurelia, ad un certo punto sento un improvviso rumore.
Ma non meccanico. Piu’ simile al rombo di una moto smarmittata che si avvicina ad alta velocita’, della quale ti accorgi solo quando ti e’ accanto e che nel momento in cui realizzi di cosa si tratta si e’ gia’ trasformata in un punto lontano.
Ma il rumore continua e non passa nessuno, guardo uno specchietto e non vedo niente, guardo l’altro e vedo il mio bauletto addirittura aperto che tenta il sorpasso sulla sinistra.
Tengo a freno l’impeto agonistico e rallento, costringendo anche lui a fare altrettanto, visto che e’ rimasto legato dalla retina portaoggetti al portapacchi della moto.
Facciamo insieme ancora qualche metro ed accostiamo sul bordo dell'Aurelia, in quel tratto senza corsia d'emergenza, tra i Tir che suonano passandoci a pochi centimetri.
Scendo, accosto meglio il bauletto al ciglio della strada, mi levo lo zaino da alpinista e mi accorgo che le due borse tenute dalla rete sono al centro della carreggiata qualche cinquanta metri prima.
Corro indietro e riesco a recuperarle nei brevi intervalli tra macchine e Tir.
Torno alla moto e vedo che le due viti che assicuravano il bauletto al portapacchi si sono evidentemente sfilate a causa delle vibrazioni.
Poi osservo il bauletto che mi guarda ancora aperto dal ciglio della strada … come un pac-man con la bocca ancora piena e realizzo la cosa piu’ importante: il suo contenuto e’ miracolosamente al suo posto ed illeso.
Miracolosamente non e’ un termine esagerato, considerando che ha percorso, aperto, metri di asfalto senza diperdere nulla dei miei poveri averi.
E’ ancora tutto li’: il computer, i documenti, gli attrezzi che mi saranno necessari per ripartire… ma soprattutto … il carico piu’ prezioso.
Una busta bianca con all’interno un altro involucro di carta stagnola sigillata ed un ghiacciolo per preservare la qualita’ del prezioso contenuto.
No, non quello che pensate voi...
Ma … il Guanciale…, quasi introvabile a Genova, indispensabile per la Carbonara.
Nonostante fosse in cima alla pila di documenti, perche’ caricato all’ultimo come il bene piu’ prezioso, era ancora li!!
Avrebbe potuto disperdersi sulla strada ed essere investito dal traffico fino a confondersi con le carogne varie che purtroppo tappezzano l’Aurelia…ma si e’ salvato.
Dopo questa prova che il viaggio, nonostante qualche imprevisto, fosse segnato dalla buona sorte, ho rimontato il bauletto con l’aiuto provvidenziale di fil di ferro, nastro isolante e qualche pezzo di recupero ed ho ripreso la strada pur aumentando la cadenza delle soste per controllare che l’accrocco reggesse.
Ho continuato il viaggio rivolgendo pensieri di gratitudine allo zio alpinista ed ai familiari gia’ trapassati (la maggior parte ormai) che evidentemente da lassu’ mi seguivano numerosi per farmi arrivare incolume a destinazione.
Mentre guido, realizzo anche che nel corso dei miei viaggi, forzatamente vintage visto il parco motoristico di cui dispongo, non e’ la prima volta che parti dei miei mezzi tentano di superarmi.
E’ gia’ successo con il Maggiolone la cui ruota anteriore sinistra mi ha superato tanti anni fa sul viadotto di Corso Francia ed ha cercato di ripetere l’audace manovra ad Ottobre scorso quando, spostandoci da Genova a Roma (complice l’imperizia di un meccanico genovese che aveva cambiato il cuscinetto anteriore), e’ stata trattenuta al suo posto dal solo cavo contakilometri a cui devo l’incolumita’ della macchina, mia, di Valentina e dei due gatti visto che tutto cio’ succedeva su un viadotto dell’autostrada ligure tra due gallerie.
Preso da questi pensieri e continuando a rivolgere prece di gratitudine alla schiera di familiari defunti, mi ritrovo all’altezza di Sestri Levante accorgendomi che la moto e’ diventata Kilometricamente maggiorenne: segna i suoi primi 18.000 kilometri in 42 anni di evidentemente comoda ma onorata carriera.
Arrivato a Genova verso le 15.30, trovo Valentina ad attendermi ignara delle vicende che hanno contraddistinto il periglioso viaggio ma pronta ad immortalare il mio epico arrivo.
Parcheggio la moto nel suo nuovo garage, in attesa di qualche gita ligure, questa volta con il bauletto fissato con qualche bullone in piu’ e dadi autobloccanti.
Se qualche fourista genovese ha in programma incontri/raduni o birrette mi faccia sapere. Partecipero’ volentieri.
…ho molto tempo libero.
Saluti a tutti.
Carlo
Ps E soprattutto … il Guanciale e' salvo
Ogni soluzione genera nuovi problemi (Murphy)
Re: Viaggio Vintage
Tigrecaribe sei un Grande!
Te lo dico davvero con il cuore.
Roma-Genova via Aurelia sono poco più di 500km ed è questa una distanza che si può coprire in poche ore senza problemi. Ma vuoi mettere il gusto di poter raccontare una storia così?
Vuoi forse dire che oggi preferiresti aver fatto quella tratta senza inconvenienti e senza ricordi?
Alericcia ha detto: “qualunque inconveniente sarà spunto di avventura” e così è stato anche per te.
Ma leggendo del bauletto che tentava il sorpasso, mi sono ricordato di un episodio che mi capitò qualche anno fa.
Ora, pur consapevole d’inquinarti il topic e per questo mi scuso, lo vado a raccontare che questo mi sembra comunque il pretesto giusto.
Estate del ’78, fateli voi i conti degli anni che si son messi in mezzo, ma poi, per cortesia, non ditemelo.
Sono con una Fiat 500 a casa della prima morosa “vera”, quella che qualche anno dopo diventerà mia moglie. Al momento di rincasare, la 500 non vuol saperne di ripartire. La batteria è carica, il motorino gira, la scintilla c’è, ma il motore non prende neanche un colpo.
Lascio la macchina dove sta e copro i 30km fino a casa mia con il Ciao di lei.
Dopo qualche giorno, prendo il Ford Taunus di mio padre, metto una robusta corda d’acciaio nel portabagagli e torno dalla morosa per rimorchiare (la 500, non la morosa) fino a casa.
Lei poi sarebbe rincasata con il Ciao
Riesco a convincerla (questa volta la morosa, non la 500) che il traino è una sciocchezza e che l’unica accortezza da tenere bene a mente sta nel mantenere sempre teso il cavo per evitare strattoni.
Nel ’78 io avevo la patente da tre anni e mi sentivo Nuvolari. Lei aveva il foglio rosa e sentiva di dover credere in me. Poi gli anni avrebbero insegnato ad entrambi ad essere un po’ più cauti con le convinzioni.
Dato che il motore della 500 continua a non dar segni di risveglio, non resta che legare le macchine ed iniziare l’avventura.
Salgo sul Taunus e lei sul Cinquino.
I primi metri sono drammatici. Strattoni a non finire, colpi di claxon convenzionali che neanche il Titanic al varo, poi pian piano c’impadroniamo della tecnica ed iniziamo ad andare spediti.
Sono di nuovo Nuvolari e lei crede in me.
Un colpo di tromba mi richiama alla realtà, guardo lo specchietto (uno solo, centrale, come si usava allora) e lei mi fa segno di rallentare. Ma a mio padre serve la macchina e ci dobbiamo sbrigare, quindi mantengo l’andatura fra l’allegro ed il sostenuto ed i chilometri scorrono via veloci.
Affronto un ampio curvone a destra un po’ troppo spavaldamente ed immagino che anche Nuvolari avrebbe frenato un po’ e così freno anch’io.
Guardo lo specchietto ma del mio rimorchio non c’è più traccia.
Dopo un nanosecondo mi ritrovo la 500 tinta caffelatte alla sinistra del Ford come se mi volesse sorpassare.
Nello stesso istante in cui i nostri occhi s’incrociano terrorizzati, la corda finisce sotto alle ruote avvolgendosi ad esse ed annullando ogni possibile distanza fra le auto.
Ne consegue un terrificante rumore di lamiere e da parte mia l’immediata perdita di controllo del Ford che finisce nel fosso destro. Scendo e vedo il 500 a cavallo del fosso sinistro.
La Ford ha la ruota posteriore sinistra squarciata dal cavo, il fanalino di coda sinistro frantumato e qualche ammaccatura al parafango posteriore sinistro.
La 500 ha la ruota anteriore destra squarciata per lo stesso motivo, il fanale anteriore ed il parafango anteriore destro disintegrati, anche quelli per lo stesso motivo.
Noi non ci siamo fatti niente.
Apro i cofani, cambio le ruote, raddrizzo le lamiere facendo leva con il poderoso cric Ford, annodo il cavo d’acciaio che si accorcia un altro po’ e riprendiamo il viaggio, questa volta piano, dato che ormai il ritardo è irreparabile.
La fiducia di lei nei miei confronti la leggo nello specchietto retrovisore.
Quanto a Nuvolari, ha preferito restar seduto sul ciglio del fosso. Non si fida più tanto neanche lui.
Te lo dico davvero con il cuore.
Roma-Genova via Aurelia sono poco più di 500km ed è questa una distanza che si può coprire in poche ore senza problemi. Ma vuoi mettere il gusto di poter raccontare una storia così?
Vuoi forse dire che oggi preferiresti aver fatto quella tratta senza inconvenienti e senza ricordi?
Alericcia ha detto: “qualunque inconveniente sarà spunto di avventura” e così è stato anche per te.
Ma leggendo del bauletto che tentava il sorpasso, mi sono ricordato di un episodio che mi capitò qualche anno fa.
Ora, pur consapevole d’inquinarti il topic e per questo mi scuso, lo vado a raccontare che questo mi sembra comunque il pretesto giusto.
Estate del ’78, fateli voi i conti degli anni che si son messi in mezzo, ma poi, per cortesia, non ditemelo.
Sono con una Fiat 500 a casa della prima morosa “vera”, quella che qualche anno dopo diventerà mia moglie. Al momento di rincasare, la 500 non vuol saperne di ripartire. La batteria è carica, il motorino gira, la scintilla c’è, ma il motore non prende neanche un colpo.
Lascio la macchina dove sta e copro i 30km fino a casa mia con il Ciao di lei.
Dopo qualche giorno, prendo il Ford Taunus di mio padre, metto una robusta corda d’acciaio nel portabagagli e torno dalla morosa per rimorchiare (la 500, non la morosa) fino a casa.
Lei poi sarebbe rincasata con il Ciao
Riesco a convincerla (questa volta la morosa, non la 500) che il traino è una sciocchezza e che l’unica accortezza da tenere bene a mente sta nel mantenere sempre teso il cavo per evitare strattoni.
Nel ’78 io avevo la patente da tre anni e mi sentivo Nuvolari. Lei aveva il foglio rosa e sentiva di dover credere in me. Poi gli anni avrebbero insegnato ad entrambi ad essere un po’ più cauti con le convinzioni.
Dato che il motore della 500 continua a non dar segni di risveglio, non resta che legare le macchine ed iniziare l’avventura.
Salgo sul Taunus e lei sul Cinquino.
I primi metri sono drammatici. Strattoni a non finire, colpi di claxon convenzionali che neanche il Titanic al varo, poi pian piano c’impadroniamo della tecnica ed iniziamo ad andare spediti.
Sono di nuovo Nuvolari e lei crede in me.
Un colpo di tromba mi richiama alla realtà, guardo lo specchietto (uno solo, centrale, come si usava allora) e lei mi fa segno di rallentare. Ma a mio padre serve la macchina e ci dobbiamo sbrigare, quindi mantengo l’andatura fra l’allegro ed il sostenuto ed i chilometri scorrono via veloci.
Affronto un ampio curvone a destra un po’ troppo spavaldamente ed immagino che anche Nuvolari avrebbe frenato un po’ e così freno anch’io.
Guardo lo specchietto ma del mio rimorchio non c’è più traccia.
Dopo un nanosecondo mi ritrovo la 500 tinta caffelatte alla sinistra del Ford come se mi volesse sorpassare.
Nello stesso istante in cui i nostri occhi s’incrociano terrorizzati, la corda finisce sotto alle ruote avvolgendosi ad esse ed annullando ogni possibile distanza fra le auto.
Ne consegue un terrificante rumore di lamiere e da parte mia l’immediata perdita di controllo del Ford che finisce nel fosso destro. Scendo e vedo il 500 a cavallo del fosso sinistro.
La Ford ha la ruota posteriore sinistra squarciata dal cavo, il fanalino di coda sinistro frantumato e qualche ammaccatura al parafango posteriore sinistro.
La 500 ha la ruota anteriore destra squarciata per lo stesso motivo, il fanale anteriore ed il parafango anteriore destro disintegrati, anche quelli per lo stesso motivo.
Noi non ci siamo fatti niente.
Apro i cofani, cambio le ruote, raddrizzo le lamiere facendo leva con il poderoso cric Ford, annodo il cavo d’acciaio che si accorcia un altro po’ e riprendiamo il viaggio, questa volta piano, dato che ormai il ritardo è irreparabile.
La fiducia di lei nei miei confronti la leggo nello specchietto retrovisore.
Quanto a Nuvolari, ha preferito restar seduto sul ciglio del fosso. Non si fida più tanto neanche lui.
Ultima modifica di ANTO il lun lug 25, 2016 10:35 pm, modificato 1 volta in totale.
Io pensai tutto e tutto valutai, gli anni a venire sapevano di spreco, e di spreco sapevano gli anni addietro...
Re: Viaggio Vintage
Siete DUE grandi, ma Anto lo conosco già personalmente!
Ciao a tutti da Fabio: Honda cb 750 F1, Honda cbx 750, Moto Guzzi V 35 II, Ducati Monster 800 i.e., BMW R1150R "Anghela, la Mukka Tetezka"
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Re: Viaggio Vintage
Due viaggi "eroici".....ma bellissimi!!!!
Moto: Honda 350 Four, Honda 500 Four K3, Honda 750 Four K1
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Re: Viaggio Vintage
Bellissime storie!
Honda 500 four k2 1976 -BLK-!!!
P"125"X 1981!!
50 Special 1973 !!
P"125"X 1981!!
50 Special 1973 !!
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Re: Viaggio Vintage
Ciao Anto
Altro che inquinarmi il post..
L'hai arricchito di una bel racconto che sono sicuro divertira' i lettori.
Credo che sotto il titolo "Viaggio Vintage" sarebbero tante le storie che potrebbero essere raccontate dai fouristi con le Four o senza...
Bella storia.
Grazie per aver scelto il mio messaggio per postarla.
Un saluto
Carlo
Altro che inquinarmi il post..
L'hai arricchito di una bel racconto che sono sicuro divertira' i lettori.
Credo che sotto il titolo "Viaggio Vintage" sarebbero tante le storie che potrebbero essere raccontate dai fouristi con le Four o senza...
Bella storia.
Grazie per aver scelto il mio messaggio per postarla.
Un saluto
Carlo
Ogni soluzione genera nuovi problemi (Murphy)
Re: Viaggio Vintage
Io pensai tutto e tutto valutai, gli anni a venire sapevano di spreco, e di spreco sapevano gli anni addietro...
Re: Viaggio Vintage
Visto che parliamo di viaggi vintage, tra le mie esperienze ne pesco una un po' rocambolesca!
Correva, e a posteriori è proprio il caso di dirlo, l' estate del '65 e una mia allora "morosa" era al mare "in villeggiatura" come si diceva allora, con la famiglia a Jesolo
Io, fresco di parente "A" non avevo ancora l' agognata moto con la targa, ma usavo ancora il mio cinquantino Motobi super-truccato, quindi mi accordai con un amico più grande di me che mi concesse in prestito per il lungo viaggio (Valdobbiadene-Jesolo circa 70 km.) la sua Agrati "Capri 80" uno scooter come allora ce n' erano tanti, che scimmiottava Vespa e Lambretta ma che in realtà si dimostrò un emerito "vespasiano" per dirlo in maniera compita:
Tre marce a comando al manubrio, a riuscire a lanciarla a 70 in leggera discesa era grasso che colava, pareva che quel motore non sarebbe riuscito ad entrare in coppia nemmeno accelerando... In folle!
Fino a Casier tutto filò abbastanza liscio, se togliamo un timido tentativo di grippaggio nonostante la miscela al 6%, prontamente neutralizzato dall' immediato azionamento della frizione, e chi ha usato i 2 tempi dell' epoca sa che la guida con il dito sulla leva della frizione era un classico per evitare ulteriori danni!
Ma la rogna accadde proprio dopo Casier: la rottura del filo del gas mi cacciò a piedi! Di solito il cordino dell' acceleratore si spaccava quasi sempre in zona "alta" sul comando rotativo del gas, quindi lo si sfilava da sotto, si creava un' asola dove infilare un dito della mano destra e ci si portava alla prima officina aperta, ma quella volta sfiga volle che a cedere fosse proprio la pallina di stagno all' interno del cannocchiale del carburatore, oltretutto di domenica alle due del pomeriggio in agosto di meccanici aperti nemmeno l' ombra!... ovviamente al minimo non c' era modo di procedere nemmeno a passo d' uomo e di attrezzi a bordo... solo l' immancabile chiave della candela con annesso spazzolino d' ottone!
Fortunatamente quell' "onorevole cesso" si era fermato a pochi passi da una casa colonica, dove la "massaia" dopo innumerevoli raccomandazioni acconsentì a prestarmi il preziosissimo cacciavite in dotazione alla nuova Singer appena comprata di seconda mano!!
Tolto il cofano laterale, e dopo aver chiamato a raccolta un folto gruppo tra Santi & Beati (la vite posteriore del cannocchiale del carburatore era praticamente irraggiungibile) riuscii a tirar su quel benedetto cannocchiale completo di spillo conico e dopo aver sfliato il cordino dalla guaina, cercai in qualche modo di annodarlo a mò di fermo, ma niente da fare: il groppo per quanto piccolo non entrava e quindi, stremato dal caldo di agosto e sotto il solleone, presi la decisione drastica di TOGLIERE completamente il cannocchiale e cacciarmelo in tasca e far girare il povero motore a "tutto buco"
Avviamento rigorosamente a spinta e "staccate" pigiando il pulsantino dello spegnimotore!
Tutto andò per il verso giusto finchè anche lo spegnimotore mi abbandonò vigliaccamente, quindi toccava salire sul pedalino del freno posteriore ad ogni curva, tenendo la marcia più alta (la terza) finchè non vidi con la coda dell' occhio in una viuzza di un paesino vicino alla meta, un meccanico aperto con tanto di moto parcheggiate fuori dall' officina!! Fù come vedere un oasi attraversando a piedi il deserto!
Il meccanico di dimostrò comprensivo a tal punto dal prestarmi un "Garellino" per raggiungere la ormai vicina meta; nel mentre lui mi avrebbe riparato "la moto"!
Inutile dire che quando arrivai a Jesolo NON trovai la ragazza: suo padre mi disse che lei e la madre erano andate a Caorle a trovare un' amica di famiglia anch' essa in villeggiatura!
Non mi rimase che incamminarmi verso il meccanico che si stupì di vedermi tornare così presto; non vedendo il mio mezzo, gli chiesi spiegazioni e lui candidamente: "l' ho prestato al padrone del motorino che ho dato a lei, ma non si preoccupi... Al massimo tra un' oretta sarà qui!!
Correva, e a posteriori è proprio il caso di dirlo, l' estate del '65 e una mia allora "morosa" era al mare "in villeggiatura" come si diceva allora, con la famiglia a Jesolo
Io, fresco di parente "A" non avevo ancora l' agognata moto con la targa, ma usavo ancora il mio cinquantino Motobi super-truccato, quindi mi accordai con un amico più grande di me che mi concesse in prestito per il lungo viaggio (Valdobbiadene-Jesolo circa 70 km.) la sua Agrati "Capri 80" uno scooter come allora ce n' erano tanti, che scimmiottava Vespa e Lambretta ma che in realtà si dimostrò un emerito "vespasiano" per dirlo in maniera compita:
Tre marce a comando al manubrio, a riuscire a lanciarla a 70 in leggera discesa era grasso che colava, pareva che quel motore non sarebbe riuscito ad entrare in coppia nemmeno accelerando... In folle!
Fino a Casier tutto filò abbastanza liscio, se togliamo un timido tentativo di grippaggio nonostante la miscela al 6%, prontamente neutralizzato dall' immediato azionamento della frizione, e chi ha usato i 2 tempi dell' epoca sa che la guida con il dito sulla leva della frizione era un classico per evitare ulteriori danni!
Ma la rogna accadde proprio dopo Casier: la rottura del filo del gas mi cacciò a piedi! Di solito il cordino dell' acceleratore si spaccava quasi sempre in zona "alta" sul comando rotativo del gas, quindi lo si sfilava da sotto, si creava un' asola dove infilare un dito della mano destra e ci si portava alla prima officina aperta, ma quella volta sfiga volle che a cedere fosse proprio la pallina di stagno all' interno del cannocchiale del carburatore, oltretutto di domenica alle due del pomeriggio in agosto di meccanici aperti nemmeno l' ombra!... ovviamente al minimo non c' era modo di procedere nemmeno a passo d' uomo e di attrezzi a bordo... solo l' immancabile chiave della candela con annesso spazzolino d' ottone!
Fortunatamente quell' "onorevole cesso" si era fermato a pochi passi da una casa colonica, dove la "massaia" dopo innumerevoli raccomandazioni acconsentì a prestarmi il preziosissimo cacciavite in dotazione alla nuova Singer appena comprata di seconda mano!!
Tolto il cofano laterale, e dopo aver chiamato a raccolta un folto gruppo tra Santi & Beati (la vite posteriore del cannocchiale del carburatore era praticamente irraggiungibile) riuscii a tirar su quel benedetto cannocchiale completo di spillo conico e dopo aver sfliato il cordino dalla guaina, cercai in qualche modo di annodarlo a mò di fermo, ma niente da fare: il groppo per quanto piccolo non entrava e quindi, stremato dal caldo di agosto e sotto il solleone, presi la decisione drastica di TOGLIERE completamente il cannocchiale e cacciarmelo in tasca e far girare il povero motore a "tutto buco"
Avviamento rigorosamente a spinta e "staccate" pigiando il pulsantino dello spegnimotore!
Tutto andò per il verso giusto finchè anche lo spegnimotore mi abbandonò vigliaccamente, quindi toccava salire sul pedalino del freno posteriore ad ogni curva, tenendo la marcia più alta (la terza) finchè non vidi con la coda dell' occhio in una viuzza di un paesino vicino alla meta, un meccanico aperto con tanto di moto parcheggiate fuori dall' officina!! Fù come vedere un oasi attraversando a piedi il deserto!
Il meccanico di dimostrò comprensivo a tal punto dal prestarmi un "Garellino" per raggiungere la ormai vicina meta; nel mentre lui mi avrebbe riparato "la moto"!
Inutile dire che quando arrivai a Jesolo NON trovai la ragazza: suo padre mi disse che lei e la madre erano andate a Caorle a trovare un' amica di famiglia anch' essa in villeggiatura!
Non mi rimase che incamminarmi verso il meccanico che si stupì di vedermi tornare così presto; non vedendo il mio mezzo, gli chiesi spiegazioni e lui candidamente: "l' ho prestato al padrone del motorino che ho dato a lei, ma non si preoccupi... Al massimo tra un' oretta sarà qui!!
Ciao a tutti da Fabio: Honda cb 750 F1, Honda cbx 750, Moto Guzzi V 35 II, Ducati Monster 800 i.e., BMW R1150R "Anghela, la Mukka Tetezka"
Re: Viaggio Vintage
Vedo in voi una certa verve letteraria.
Un romanzo a tre mani ci potrebbe stare
Un romanzo a tre mani ci potrebbe stare
"GRATATIO PALLORUM OMNIA MALA FUGAT"